Continuiamo con qualche riflessione sulla lingua piemontese.
Parlo di lingua e non di dialetto perché in realtà il piemontese è riconosciuto come ” lingua regionale” (facente parte delle lingue minoritarie) in base alla Carta Europea dell’1/03/ 98.
Si diceva nella puntata precedente che di una lingua straniera si imparano subito le parolacce… ci deve essere qualcosa di vero, in effetti, perché molti hanno ricercato quell’articolo inserendo nei motori di ricerca “parolacce in piemontese”! ^^
Tutto questo fa sembrare il piemontese una lingua da montanari bonaccioni, in realtà contiene delle espressioni dai significati raffinati, non solo: se si osservano attentamente alcuni modi di dire e si risale all’etimologia dei termini, si risale facilmente alle lingue antenate dell’italiano: greco e latino. E dunque? La culla dell’Italiano è la Toscana? Sì, ma non solo!
Baron (barùn) che si traduce semplicemente con “mucchio” deriva dal greco βαρύς, pesante, grave, anche nel senso di situazione difficile, e infatti troviamo:
A-j na j’é un baron e mes : ce n’è un mucchio e mezzo, una gran quantità
ma anche:
Andé a baron: andare in malora
E a proposito di mucchi, dal latino pila, mucchio, catasta di oggetti sovrapposti, si arriva a pila, inteso come denaro…ammucchiato, e in particolare la pila che indicva la faccia di una moneta dove erano impressi gli stemmi di Savoia e la cifra: scajé ij pila : tirare fuori i soldi, pilassa: busta paga.
Altra interessante puntata sulla lingua piemontese!!! davvero spunti di riflessione sulla lingua italiana anche!
ciao carissima!
eheh tu studia che poi ti interrogo!